Per arrivare a stare meglio in questo contesto, l’ingrediente fondamentale è la relazione terapeutica, quella relazione che terapeuta e paziente costruiscono insieme nelle prime fasi in cui si conoscono e che dà la netta sensazione di essere squadra e di stare lavorando ad uno scopo comune.
C’è un’altra componente imprescindibile al lavoro terapeutico: la curiosità.
Linfa della relazione terapeutica, è il quid essenziale che entrambi mettiamo, il paziente ed io. Se c’è curiosità, possiamo esplorare e provare a dare un senso diverso a cose nuove. Ci sono poi dei momenti in cui serve rimanere su territori più conosciuti e familiari, come per ricaricarci e riprendere fiato, in un ciclo continuo che alterna esplorazione e scoperta a momenti di elaborazione.
L’avere approfondito anche il pensiero sistemico/familiare ci permette di guardare al contesto relazionale in cui il sintomo ha preso forma e si è costruito, aiutandoci a cambiare spesso la prospettiva da cui osservare lo scenario. Ci aiuta a rispondere a domande tipo: come mai adesso? Cosa stava succedendo poco prima? Chi reagisce peggio al mio stare male? Non si tratta certo di dare colpe, ma di osservare il funzionamento, nel modo più descrittivo che ci è possibile. Si vedono emergere una marea di informazioni interessanti!
Il mio primo amore rimane la formazione in Scienze Biologiche che, unita alla formazione in Psicologia e poi in Psicoterapia, mi permettono di guardare all’Essere Umano come ad un Unicum, che ha un corpo e una mente completamente interconnesse, tanto che non si può più parlare di separazione mente-corpo: la mente è fatta, a livello organico, di neuroni interconnessi che nel complesso formano il Sistema Nervoso, che ci percorre interamente. Per non parlare delle recenti ricerche che cominciano a correlare il funzionamento del nostro “secondo cervello” (la pancia) con il funzionamento del cervello nella scatola cranica. Per quanto strano possa suonare, ci sono sempre più risultati che indicherebbero la presenza di una fitta comunicazione tra i due: non è affascinante?
Anche le ultime ricerche nell’ambito delle Neuroscienze, grazie ai concetti di Neuroplasticità e Neurobiologia Interpersonale (Dr. Siegel, Dr. Norman Doidge,…), ci dicono che il Sistema Nervoso è plastico, può cambiare, può creare nuovi collegamenti, la linfa vitale che ci permette di trovare nuove strade, più funzionali, per stare meglio.
La cornice teorica che racchiude tutto ciò è quella del pensiero cognitivista-costruzionista evoluzionistico, un’espressione complicata per dire che il pensiero è una delle attività fondamentali dell’Essere Umano, che grazie al pensiero costruisce la propria realtà, facendosi delle opinioni sulle cose e sulle esperienze, il tutto profondamente radicato nel suo funzionamento biologico: se abbiamo paura o ci sentiamo felici, il modo di funzionare del nostro cervello cambia e questo ha un effetto sul corpo. Il battito cardiaco, ad esempio, può aumentare o diminuire, la sudorazione è di più o di meno: poter usare questi segnali che il corpo ci manda per dare senso a quello che stiamo vivendo può essere di grande utilità!
Certo, può spaventare o suscitare diffidenza: basta sentire quando è davvero il momento per cominciare e usare l’andatura che sentiamo adatta a noi. Il resto lo creeremo insieme.
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